Ancorché tutt'altro che perfetto, il francese Faery: Legends of Avalon (2010, Spiders Studio) rappresenta un coraggioso quanto incompiuto tentativo di offrire una variazione sul tema del JRPG di stampo nipponico, mescolato a suggestioni estetiche e letterarie più specificatamente occidentali. La trama è infatti tutta giocata su una difficile missione affidata da Oberon, sovrano fatato di shakespeariana memoria, a un folletto appena risvegliatosi da un sonno misterioso che lo ha tenuto in stato di sospensione per parecchi anni. Tale missione, da svolgersi percorrendo "piani" paralleli ispirati alle più celebri dimensioni mito-fiabesche europee e mediorientali, prevede l'alternanza tra lunghe fasi esplorative e combattimenti (rigorosamente a turni) contro varie entità malvagie che minacciano la sopravvivenza del mondo fantastico. Sul modello di motivi già noti alla letteratura per l'infanzia - cfr. La Storia Infinita - anche in Faery: Legends of Avalon il luogo principale in cui si svolge la narrazione risulta gravemente corrotto a causa dell'influenza nefasta degli esseri umani, la cui grettezza rischia di far scomparire per sempre nella nebbia il magico regno di Oberon.
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domenica 1 giugno 2014
martedì 6 maggio 2014
Child of Light, o del difficile equilibrio di un'operetta estetica
Supportato da un controllatissimo
battage pubblicitario e dal sempre felice tocco di Yoshitaka Amano
(autore dello splendido poster incluso nell'edizione deluxe), fin
dalla comparsa dei primi video promozionali questo Child of Light
non ha mai voluto nascondere quale fosse il proprio obiettivo:
quello di voler essere, primariamente, una sorta di operetta
estetica.
"Estetica", nella misura in
cui questo gioco fonda il 99% della propria efficacia sulla mera
forma: l'art direction, la grafica, l'aspetto esteriore...
insomma, tutto ciò che al 99% dei casi riesce a determinare il
successo di un videogioco moderno presso il pubblico generalista, e che al
99% dei casi la sedicente 'critica specializzata' accantona quasi con
disprezzo, alla ricerca spasmodica di un contenuto. E qui sta
la vera, a suo modo geniale trovata del gioco: di contenuto, in Child of Light,
non se ne vede nemmeno l'ombra.
Più nello specifico, in Child of Light
tutti gli elementi che in qualsiasi altro videogioco concorrerebbero a definirne il
contenuto (trama, caratterizzazione dei personaggi, gameplay etc.) sono totalmente asserviti alla forma, e non vogliono
- né, tantomeno, potrebbero - sussistere al di fuori di essa. Se gli
sviluppatori Ubisoft non avessero saputo dotare la propria creatura
di quella smagliante apparenza che sta affascinando
critica e pubblico, il gioco non sarebbe potuto sopravvivere in
nessun'altra veste.
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