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domenica 1 giugno 2014

Faery: Legends of Avalon, o della solitudine dei numeri primi

Ancorché tutt'altro che perfetto, il francese Faery: Legends of Avalon (2010, Spiders Studio) rappresenta un coraggioso quanto incompiuto tentativo di offrire una variazione sul tema del JRPG di stampo nipponico, mescolato a suggestioni estetiche e letterarie più specificatamente occidentali. La trama è infatti tutta giocata su una difficile missione affidata da Oberon, sovrano fatato di shakespeariana memoria, a un folletto appena risvegliatosi da un sonno misterioso che lo ha tenuto in stato di sospensione per parecchi anni. Tale missione, da svolgersi percorrendo "piani" paralleli ispirati alle più celebri dimensioni mito-fiabesche europee e mediorientali, prevede l'alternanza tra lunghe fasi esplorative e combattimenti (rigorosamente a turni) contro varie entità malvagie che minacciano la sopravvivenza del mondo fantastico. Sul modello di motivi già noti alla letteratura per l'infanzia - cfr. La Storia Infinita - anche in Faery: Legends of Avalon il luogo principale in cui si svolge la narrazione risulta gravemente corrotto a causa dell'influenza nefasta degli esseri umani, la cui grettezza rischia di far scomparire per sempre nella nebbia il magico regno di Oberon.

martedì 6 maggio 2014

Child of Light, o del difficile equilibrio di un'operetta estetica

Supportato da un controllatissimo battage pubblicitario e dal sempre felice tocco di Yoshitaka Amano (autore dello splendido poster incluso nell'edizione deluxe), fin dalla comparsa dei primi video promozionali questo Child of Light non ha mai voluto nascondere quale fosse il proprio obiettivo: quello di voler essere, primariamente, una sorta di operetta estetica.

"Estetica", nella misura in cui questo gioco fonda il 99% della propria efficacia sulla mera forma: l'art direction, la grafica, l'aspetto esteriore... insomma, tutto ciò che al 99% dei casi riesce a determinare il successo di un videogioco moderno presso il pubblico generalista, e che al 99% dei casi la sedicente 'critica specializzata' accantona quasi con disprezzo, alla ricerca spasmodica di un contenuto. E qui sta la vera, a suo modo geniale trovata del gioco: di contenuto, in Child of Light, non se ne vede nemmeno l'ombra.
Più nello specifico, in Child of Light tutti gli elementi che in qualsiasi altro videogioco concorrerebbero a definirne il contenuto (trama, caratterizzazione dei personaggi, gameplay etc.) sono totalmente asserviti alla forma, e non vogliono - né, tantomeno, potrebbero - sussistere al di fuori di essa. Se gli sviluppatori Ubisoft non avessero saputo dotare la propria creatura di quella smagliante apparenza che sta affascinando critica e pubblico, il gioco non sarebbe potuto sopravvivere in nessun'altra veste.